Tra i paesi in crisi dell’Unione Europea, il Portogallo solitamente non fa molta notizia. Malgrado i dati economici dicano che il paese lusitano sia tornato a crescere, la politica di austerity voluta dalla Trojka e dal FMI in cambio degli aiuti finanziari ha creato negli ultimi anni un dramma economico e sociale non meno grave di quello mediaticamente molto più popolare della Grecia. Ormai la metà dei giovani del paese è senza lavoro e il tasso di emigrazione è quasi ai livelli degli anni ’60, quando si fuggiva dalla dittatura e dalla guerra coloniale. Lo stesso premier Pedro Passos Coelho, probabilmente l’allievo più ligio ai diktat dell’Unione Europea in quanto a tagli della spesa pubblica, un paio di anni fa ha suggerito ai professori disoccupati una soluzione semplicissima: emigrare in Angola e Brasile.

Il turismo sembra però non conoscere crisi. Porto, il cui centro storico è stato dichiarato Patrimonio dell’umanità dall’Unesco nel 1996, è la seconda città più grande del Portogallo e ha registrato recentemente un boom di visite, grazie di certo alla sua magia, ma soprattutto all’arrivo delle compagnie aeree low cost. Eppure i benefici per l’economia locale sono molto discutibili: gli alberghi e molte attività commerciali legate al turismo sono in mano a capitali stranieri, mentre i lavori offerti dal settore alla popolazione locale sono solitamente poco qualificati e mal pagati. Inoltre la riabilitazione della parte antica e dei suoi innumerevoli edifici abbandonati non lascia presagire niente di buono: i nuovi appartamenti saranno troppo cari per gli abitanti della zona, e ciò intensificherà ancora di più la gentrificazione attualmente in corso.
Come in qualsiasi luogo turistico, anche a Porto abbondano le visite guidate. Ma dietro l’immagine da cartolina patinata, di tutti i problemi di una città in crisi non resta niente. Per questo motivo tre giovani architetti portoghesi hanno creato un tour alternativo che mostra tutto ciò che i giri turistici ufficiali non vi faranno mai vedere. Pedro, Gui e Isabel, questi i nomi degli ideatori dell’iniziativa, fanno conoscere ai viaggiatori i progetti alternativi che fioriscono o sono fioriti a Porto. Altre volte invece la visita porta tra bar e negozietti di quartiere fermi nel tempo e fa scoprire angoli nascosti della città. Per esempio l’orto sociale Musas. Nascosto da un anonimo portone che mai farebbe presagire tanta bellezza, Musas è una splendida oasi verde che offre una vista mozzafiato su Porto e l’Oceano Atlantico. Realizzato su terreno comunale, è a rischio di sgombero. Passeggiando con queste guide alternative si ascoltano storie  di vita locale e si resta affascinati da quanto sia radicato tra i tripeiros (così sono scherzosamente chiamati gli abitanti di Porto) l’amore per la propria città. Anche per questo motivo i cittadini  non stanno a guardare quando gli spazi urbani più amati sono in pericolo. Un paio di anni un progetto comunale che voleva trasformare in un moderno centro commerciale il mercato cittadino del Bolhão, una perla architettonica piena di vita e colore locale. L’idea è stata abbandonata solo grazie a un movimento popolare di protesta.

Le visite realizzate da Gui, Isabel e Pedro, a metà tra turismo ed eco-attivismo, mostrano in presa diretta come la globalizzazione economica e culturale stia omologando una città dalla forte e personale identità, ma soprattutto come le astratte politiche economiche imposte al Portogallo abbiano effetti concreti sulla qualità della vita delle persone. Intanto i cittadini, lasciati a loro stessi, vengono paradossalmente ostacolati quando provano a difendere il proprio patrimonio culturale, ad auto-organizzarsi e a trovare alternative sostenibili alla crisi.

A questo punto però non si pensi a un turismo del disastro che trasforma il dramma sociale in un nuovo prodotto sul mercato turistico. Con umorismo irriverente, i tre giovani hanno ironicamente chiamato la loro agenzia informale “The worst tours” e nel loro blog definiscono i loro giri turistici “i peggiori del mondo, o perlomeno della città”. Inoltre, contrari alla logica commerciale dei tour guidati, The “worst tours” lascia la libertà ai turisti di pagare a seconda delle proprie disponibilità. Nel caso non si sapesse calcolare la giusta donazione, Gui, Isabel e Pedro propongono un prezzo pari alla paga oraria di una collaboratrice domestica nel proprio paese di provenienza. Donazione perfetta, sottolineano nel loro blog, specialmente se a pagare è un norvegese.

Link: theworsttours.weebly.com/

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