Concord è una piccola città americana con un grande passato. Qui vennero sparati i primi colpi che diedero avvio alla Rivoluzione americana, inoltre in questa città vissero importanti autori delle lettere statunitensi come Hawthorne, Emerson e Thoreau. Proprio qui si trova infatti lo stagno di Walden dove quest’ultimo passò due anni della propria vita a contatto con la natura. Da quell’esperienza nacque il libro Walden, o vita nei boschi, considerato una delle maggiori fonti di ispirazione per il moderno ambientalismo. Nel 2013 però questa cittadina di meno di 20.000 abitanti ha fatto nuovamente parlare di sé: è stato infatti il primo luogo al mondo a bandire la vendita di bottiglie d’acqua di plastica.
Il volto più popolare dietro questa battaglia è una candida e battagliera signora di 84 anni, l’attivista Jean Hill. Dopo aver sentito parlare dai suoi nipoti della Pacific Garbage Patch, l’isola di plastica nel mezzo dell’Oceano Pacifico, decise di fare qualcosa in prima persona. La cosa più semplice che le venne in mente fu quella di promuovere un’ordinanza che vietasse nel territorio comunale la vendita di bottiglie di plastica. Per due anni la sua proposta venne bocciata, ma nel frattempo diventava sempre più popolare, soprattutto tra i giovani. Al terzo tentativo finalmente centrò l’obiettivo durante il voto nell’assemblea pubblica. E di fatto dall’1 gennaio 2013 a Concord il divieto è entrato ufficialmente in vigore.
Il recente documentario “Divide in Concord” racconta la battaglia di Jean Hill ed è una storia edificante, oltreché molto americana, di come l’attivismo può raggiungere risultati importanti con perseveranza ed entusiasmo. Va detto che l’opera del regista Kris Kaczor, pur celebrando gli attivisti di Concord, cerca comunque di mostrare in modo obiettivo le posizioni di favorevoli e contrarie all’ordinanza. Da un lato l’approccio degli abolizionisti apparirà a volte troppo rigido e chiuso nella sua presunzione di avere ragione, quando invece un atteggiamento più propositivo e costruttivo sarebbe stato maggiormente efficace. Anche perché tra fontane pubbliche, bottiglie riutilizzabili e distributori alla spina, le alternative all’acqua in bottiglia di certo non mancano. Dall’altro chi difende la vendita dell’acqua in bottiglia punterà quasi esclusivamente su due punti: il primo è che la scelta di acquistarla o meno non può essere regolata dalle istituzioni, posizione abbastanza ovvia in una società ossessionata dal concetto di libertà individuale; Il secondo è prettamente economico, visto che una scelta del genere danneggerebbe l’economia locale. E intanto il dibattito continua sul sito ufficiale del documentario, su cui è possibile scrivere brevi messaggi pro e contro l’ordinanza.
La vicenda di Concord solleva nel suo piccolo domande di ampia portata: è legittimo proibire la vendita di prodotti dannosi per l’ambiente? Si può invocare la libertà di scelta quando è in gioco il benessere delle generazioni future? Ma soprattutto, seguendo questo principio si dovrebbe arrivare a vietare la vendita di bicchieri di plastica usa e getta, carne da allevamento intensivo o stabilire un limite a quanti chilometri in aereo possiamo percorrere in un anno? Insomma, dove sta la giusta misura? Domande importanti che dovrebbero far parte del dibattito pubblico di qualsiasi società seriamente interessata a combattere i cambiamenti climatici e fronteggiare l’esaurimento delle risorse planetarie. Ma come dimostra la vicenda di Concord, il dibattito sull’abolizione o meno delle bottiglie d’acqua si è concentrato soprattutto sugli aspetti economici immediati e sulle conseguenze per l’occupazione, trascurando quelli ecologici e sociali, che sono forse quelli più rilevanti e lungimiranti.
Ma forse ai suoi oppositori, soprattutto alla lobby dell’acqua in bottiglia, l’ordinanza di una piccola città di provincia fa così paura perché ha creato un pericoloso precedente. Di fatto di lì a poco anche la città di San Francisco ha preso la stessa decisione, il che fa prevedere un temibile effetto a catena.
L’iniziativa di Jean Hill potrebbe favorire finalmente un dibattito pubblico sul costo ecologico di alcune abitudini personali o certi prodotti, e la necessità di regolarli a livello legislativo. Sarebbe bello scrivere “prima che sia troppo tardi”. Purtroppo lo è già.