Magari qualcuno di voi conosce già quest’animazione di quattro minuti di Steve Cutts, visto che circola da almeno due anni. Nel video si vede un essere umano che inizia la sua camminata trionfale verso il dominio del pianeta in un crescendo di distruzione ecologica. Camminata accompagnata dall’azzeccato sottofondo musicale di “Nell’antro del re della montagna” del compositore romantico Edvard Grieg. Quanto più la tecnologia lo assiste, tanto più la forza trasformatrice e dominatrice del protagonista ha effetti terribili. Quando la sua opera di conquista sarà terminata, finalmente il protagonista potrà rilassarsi seduto su un trono con la corona in testa. Poco importa che il mondo attorno a lui sia ormai oscenamente inquinato e il trono stesso poggi su una montagna di spazzatura.

 

 

Sotto il video, visualizzato oltre 14 milioni di volte, ci sono più di 17.000 commenti, la maggiore parte dei quali denuncia l’incapacità dell’essere umano di vivere in armonia con la natura. Ma associando il protagonista dell’animazione con l’umanità in toto, ci dimentichiamo che in essa è mostrato il comportamento di una singola cultura tra le tante migliaia che sono esistite sul pianeta.

Questo è un concetto non nuovo a chi ha letto un libro purtroppo poco conosciuto in Italia: Ishmael di Daniel Quinn. Quinn per questo libro ha vinto il Premio Turner nel 1991, un riconoscimento per le opere di narrativa che offrono soluzioni creative e positive ai problemi del pianeta. Ishmael è un romanzo filosofico che ha come oggetto la comunicazione telepatica tra il protagonista e un gorilla chiamato appunto Ishmael. Nel libro Quinn esamina in modo appassionante  e originale i miti alla base della civiltà moderna, decostruendo l’idea stessa degli esseri umani come il pinnacolo dell’evoluzione biologica.

L’autore usa nel libro l’espressione “Grande oblio” per definire la rimozione di una semplice verità: prima dell’avvento dell’agricoltura e la nascita dei primi villaggi, gli esseri umani vissero per molto a lungo in modo profondamente diverso. Se oggi è un dato di fatto, lo si deve alla paleontologia, che ci ha costretto a prendere atto che l’agricoltura e le prime civiltà avevano meno di diecimila anni, mentre l’umanità ne aveva milioni. La paleontologia insomma rese impossibile credere, come si fece fino al XIX secolo, che l’uomo nacque civilizzatore e contadino. Quando non si poté più negare che l’agricoltura era una scoperta relativamente recente, a quel punto sorse la definizione di “Preistoria”, considerata spesso un lunghissimo periodo in cui non capitò praticamente nulla. In qualche modo un noioso preambolo al “vero” essere umano costruttore di civiltà che controlla la natura attraverso la rivoluzione agricola. Tuttavia se riduciamo la storia dell’umanità al solo periodo successivo a questo cambiamento, ne scartiamo il restante 99,9%.

Ora, nell’opinione comune lo sviluppo dell’agricoltura e dell’allevamento sono considerate una tappa fondamentale nell’evoluzione dell’essere umano. Con esse la vita divenne molto più facile e ciò portò di conseguenza alla nascita  delle prime civiltà. Secondo Quinn invece quel passaggio non fu determinato tanto da vantaggi pratici, visto che le civiltà basate sull’agricoltura “totalitaria” faticano di più rispetto a quelle di raccoglitori che praticano l’orticoltura sotto altre forme. Ciò che era in gioco, secondo l’autore, era la convinzione che il mondo appartenesse all’uomo.

Tra le persone si è sviluppata l’idea che la vita allo stato selvaggio prima dell’agricoltura e l’allevamento era governata dalla crudele legge della giungla, traducibile anche nell’uccidi o verrai ucciso. In realtà gli etologi hanno dimostrato che sarebbe più adatto parlare di legge della competizione limitata. Essa si basa su un semplice concetto: potresti competere il più possibile per le risorse coi tuoi concorrenti, ma non li caccerai fino all’estinzione, né gli negherai l’accesso al cibo. In altre parole, competerai coi tuoi concorrenti per la sopravvivenza, ma non gli farai la guerra.

Gli esseri umani hanno seguito per milioni di anni la legge della competizione limitata e hanno vissuto  come tutte le altre creature all’interno della comunità biologica. Perlomeno fino a circa 10.000 anni fa, quando una singola cultura nel Medio Oriente iniziò a praticare una forma di agricoltura contraria a quella legge in ogni aspetto, un tipo di agricoltura che incoraggiava a dichiarare guerra ai propri concorrenti, a distruggere il loro cibo e a negargli l’accesso alle risorse alimentari. Quella cultura ha di fatto fagocitato tutte le altre, al punto che pochi sono coscienti che la nostra è una delle tante migliaia di culture che sono esistite sul pianeta, l’unica che, a differenza delle altre, ha rifiutato la legge della competizione limitata e ha preso il controllo del mondo nelle proprie mani.

Secondo Quinn, l’essere umano ha vissuto in pace con il mondo per milioni di anni. Ciò non significa che fosse un santo o camminasse sulla terra come un Budda. Viveva innocuamente come avrebbe potuto farlo una iena, uno squalo o un serpente a sonagli.

Dopo aver guardato l’animazione “Man”, non dobbiamo pensare che la nostra specie è il flagello del pianeta. Lo è semmai una singola cultura tra centinaia di migliaia, che è ancora convinta di possederlo.

Il libro Ishmael in Italia non è facilmente reperibile. Ma è possibile scaricarlo in pdf in italiano a questo indirizzo.

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