Pubblicato sul n. 17 del bimestrale Funny Vegan.

Chi bazzica sui social network sa già che la maggior parte delle notizie lì pubblicate, dopo essere virali per giorni o settimane, cadono tanto velocemente quanto inesorabilmente nel dimenticatoio. Per questo motivo, quando leggo un titolo che usa la parola straordinario, eccezionale, sconvolgente o via dicendo, ormai non mi faccio più fregare. Fedele al proverbio cinese, mi siedo sulla sponda di un fiume e aspetto che i resti esanimi dell’ultima moda su Facebook, ormai privi di viralità e seguito, vengano portati via dalla corrente.

Ultimamente però mi è capitato di leggere di una scoperta che ha fatto gridare alla rivoluzione della cucina vegan e ho pensato che al di là dei toni entusiastici usati per accalappiare più like e condivisioni, la si può effettivamente definire molto interessante. E parte del suo appeal viene, paradossalmente, proprio dal fatto che si tratta di una scoperta dell’acqua… faba. A meno che non siate assidui frequentatori di blog di cucina veg, sia stranieri che italiani, probabilmente la parola aquafaba non vi dirà niente. Sappiate però, che a vostra insaputa, questo misterioso nuovo ingrediente è magari già a casa vostra e aspetta solo di fare la vostra conoscenza. Infatti dietro questo strano nome non si nasconde altro che la comunissima brina dei ceci in scatola, che finora avete imperdonabilmente gettato nel lavandino, ignari di avere tra le mani, gratis, un formidabile sostituto del bianco d’uovo.

Ma andiamo per ordine: come si è arrivati a una trovata che può effettivamente dare un contributo notevole alla pasticceria vegan? Come spesso succede, la scoperta non è arrivata da una geniale mente solitaria, ma dalle intuizioni di alcuni, sviluppate e migliorate successivamente da altri. Il primo a rendersi conto che il liquido di cottura dei legumi (ora avrete capito il perché del nome aquafaba) poteva essere battuto a neve in modo simile ai bianchi d’uovo è stato un francese, Joël Roessel. Oltre a condividere molte informazioni teorico-chimiche su emulsioni e stabilizzanti, nel suo blog vegan “Revolution vegetale” Joël inizia a pubblicare le prime ricette per realizzare mousse di cioccolato, savoiardi e meringhe vegan con l’aquafaba. Queste sono state prima rilanciate da alcuni video diventati virali (va detto, senza dare i crediti a Roessel per la scoperta) e poi divulgate negli USA da un ingegnere del web americano, Goose Wohlt, nel suo blog e nella pagina Facebook “What fat vegans eat”.

Wohlt ha poi coniato l’efficace termine aquafaba, il che di certo ha contribuito a rendere ancora più virale questa scoperta, e ha dato un contributo importante a creare una comunità di utenti che condividessero successi e catastrofi dei propri esperimenti in cucina con il nuovo ingrediente.

Malgrado il clamore attorno all’aquafaba e la viralità dei video su youtube che spiegano come usarla, i suoi due maggiori scopritori e divulgatori evitano toni entusiastici. “Questa scoperta ha un valore ecologico importante, chissà che grazie a essa si usino sempre meno uova in pasticceria. Allo stesso tempo, l’aquafaba è una goccia nel mare afferma Roessel, mentre per Wohlt “è l’accessibilità di questo nuovo ingrediente a renderlo speciale: chiunque può permetterselo, in più rende inutili i costosi sostituti vegetali delle uova, spesso non proprio naturali. Inoltre, diventa ora possibile realizzare dolci come meringhe o torte pavlova, finora difficili da veganizzare”. Joël ha probabilmente ragione, l’aquafaba è una scoperta ecologica, giacchè a partire da quel liquido di scarto diventa più facile e divertente fare in casa, con ottimi risultati, maionese, creme spalmabili e molti altri prodotti vegani. E sì, sul lungo termine, potrebbe davvero portare a un minore consumo di uova e diminuire il numero di galline sfruttate per l’allevamento. Ma mi resta ancora qualche dubbio. Dato che cerco di produrre il meno possibile dei rifiuti, non è che poi mi ritroverei paradossalmente a consumare più scatolame e alluminio, solo per mettere le mani sulla preziosa acquetta? La soluzione migliore, ovviamente, sarebbe realizzare la propria aquafaba a partire dai ceci o fagioli secchi. Roessel e Wohlt concordano sul fatto che quella ottenuta dai barattoli di legumi offre degli innegabili vantaggi: la consistenza è sempre la stessa, ma soprattutto è più o meno vicina a quella giusta. Anche a casa è ovviamente possibile ottenere dell’ottima aquafaba, ma possono essere necessari un paio di tentativi per capire la giusta proporzione tra acqua e fagioli, ma soprattutto il tempo di cottura ideale per ottenerla. Ad ogni modo, nei gruppi di discussione su Facebook è facile trovare informazioni e consigli per realizzare in casa quella ideale.

Wohlt ha nel frattempo creato una pagina web, aquafaba.com, il cui obiettivo è anche raccogliere fondi per finanziare un’analisi fitochimica che spieghi definitivamente perché questo liquido, se montato a neve, si comporta in modo simile ai bianchi d’uovo. A detta del blogger americano, sembra infatti che non esista un consenso: alcuni attribuirebbero il suo potere magico alle proteine, altri agli amidi. Questa mancanza di conoscenza, a suo parere, è un lato negativo che andrebbe risolto. Per chi è interessato all’aquafaba fai da te, invece, esistono alcuni timori legati agli acidi fitici e le lectine presenti nei fagioli, soprattutto in quelli rossi. Tuttavia prendendo le precauzioni solite di quando cuciniamo dei fagioli secchi, ossia metterli in ammollo dal giorno prima e bollirli a temperature superiori ai 100 gradi, i rischi per la salute sono azzerati. Ad ogni modo i ceci restano i legumi con la minore percentuale di lectine, il che li rende tra i più adatti alla realizzazione dell’aquafaba in casa. Per chi ha ancora dei dubbi Roessele consiglia di affidarsi ai prodotti in scatola, bolliti a sufficienza per ridurre i rischi, oppure seguire una sua originale soluzione: “prendi del latte di soia e dei fermenti (o dello yogurt di soia in alternativa) e lasciali per alcune ore in forno a una temperatura di 50°. Otterrai del tofu lacto fermentato e del siero senza lectine e poco acido fitico. Quel siero è semplicemente latte di soia ed è aquafaba. Buon appetito!”.

Una delle cose più appassionanti di questa nuova mania dell’aquafaba è la grandissima comunità che si è creata attorno, con lo scopo di condividere e migliorare ricette, ma soprattutto di accogliere e consigliare i nuovi arrivati. Per questo motivo, sono rimasto perplesso quando ho letto che Wohlt ha intenzione di lavorare a una patente per commercializzare l’idea. Alla mia richiesta di commentare questa voce, mi ha illustrato il suo punto di vista: “l’idea alla base dell’aquafaba è open source e ci tengo a a condividere tutte le mie conoscenze in materia in modo libero e gratuito. Allo stesso tempo pensa a quanta ne viene sprecata per produrre hummus, non sarebbe meglio se venisse messa a disposizione di chi non ha tempo o voglia di realizzarla in casa?” Ad ogni modo, se la patente venisse considerata valida, Wohlt vorrebbe creare una fondazione aquafaba per assicurarsi che le idee attorno al suo utilizzo siano liberamente disponibili. Chiedo a Roessel che ne pensa e mi dà una risposta tanto diplomatica quanto sottile: “Wohlt ha coniato il termine aquafaba, che è efficace. Io mi considero uno scopritore e non un inventore, pertanto troverei strana l’idea di reclamare un copyright. Qualcuno ha detto perché sono francese e non americano. Il che è un fatto”.

Chiudo l’intervista con Wohlt chiedendogli qualcosa che non ha niente a che vedere con l’aquafaba. Il blogger americano scrive sulla sua pagina di essere diventato vegan grazie a suo figlio seienne, il che mi incuriosisce molto. “Quando mio figlio decise di diventare vegan per via di una profonda connessione con gli animali, sentii la responsabilità di supportarlo e assicurarmi che lo facesse in modo salutare. Tra l’altro quando mi informò della sua decisione, gli risposi che se avesse continuato a essere vegan da lì a un anno avrei preso in considerazione l’idea anche io. Questo accadde quando aveva sei anni, e quando arrivò il momento non mancò di ricordarmi del nostro accordo. Mio figlio è stato di grande ispirazione e mi ha aiutato a eliminare tutte le scuse a cui mi aggrappavo”.

Ma dopo tanto parlare, è arrivato il momento di mettersi all’opera. Le prime volte, per prendere dimestichezza, potete provare con l’aquafaba da un barattolo. Tenete conto
che non tutto lo scatolame ha la stessa consistenza, mentre alcune brine possono essere un po’ salate. Se è troppo liquida, scaldatela in un pentolino e fatela addensare un po’. Il liquido ideale dovrebbe avere la consistenza di un bianco d’uovo. Tre cucchiai da tavola di aquafaba sostituiscono grosso modo un uovo.
E ora, con quale apparecchio ottenere l’aquafaba? Evitate minipimer e frullini a immersione, dato che le lame girano troppo rapidamente per farla montare a neve. Usate
invece un frustino elettrico o manuale. Nel primo caso sarà pronta tra i 3 e i 10 minuti, ma se è troppo liquida potrebbe metterci anche un po’ di più. Nel caso di frustini a mano, ci vogliono tra i 10 e i 15 minuti almeno.

Vegan meringhe

Meringhe

Ingredienti:
Aquafaba in un barattolo di ceci
Zucchero granulare
Estratto di vaniglia

Con un frustino elettrico o manuale battete l’aquafaba. Quando inizia a prendere consistenza iniziate ad aggiungere gradualmente lo zucchero. Le proporzioni variano a seconda dei vostri gusti, la più comune sarebbe due parti di aquafaba per una di zucchero,
ma niente vi impedisce di modificare le dosi. Nel frattempo mettete a scaldare il forno a una temperatura di circa 130°. Su un vassoio su cui avrete precedentemente sistemato della carta da forno, sistemate le meringhe con l’aiuto di una tasca da pasticcere
o con un cucchiaio e infornatele per circa quaranta minuti. Tenete conto che alcuni preferiscono mantenere il forno un po’ meno caldo, sui 100°, ma cuocerle per un’ora e quaranta minuti circa.

veg mayo
Maionese

Ingredienti:
1 cucchiaio da tavola di aceto di mele
Mezzo cucchiaino da tè di mostarda macinata o in pasta
Mezzo cucchiaino da tè di sale
3 cucchiai da tavola di aquafaba di ceci a temperatura ambiente
250 ml di olio di semi o d’oliva
Unite aceto, senape, sale e aquafaba e mescolate. Con il frullino in funzione, aggiungete l’olio, ¼ alla volta. Quando la consistenza inizia a essere quella giusta fermatevi. Mettete la maionese in un vasetto e conservatela in frigo, dove si addenserà ulteriormente.

 

chocolate mousse

Mousse al cioccolato

Ingredienti:
Aquafaba contenuta in un barattolo di ceci
100 grammi di cioccolato fondente
1 o 2 cucchiai da tavola di stevia o zucchero a velo;
1 pizzico di sale

Fate sciogliere a bagnomaria il cioccolato, dopodiché fatelo raffreddare. Battete l’aquafaba con un frullino elettrico oppure con un frustino a mano fino a quando non prende la consistenza desiderata e diventa una meringa. Aggiungete il sale e lo zucchero e frullate ulteriormente. A questo punto aggiungete il cioccolato delicatamente con una spatola e mescolate con gentilezza, il tanto da incorporare il tutto. Mettete in frigo e lasciate riposare in modo da farla solidificare un po’.

Link:

www.facebook.com/groups/VeganMeringue

 

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