Tempo fa ho avuto modo di vedere, un po’ per caso, un piccolo documentario che, senza tanto clamore, sta girando l’Italia (ma non solo) e con leggerezza sta dando voce all’insofferenza di molte persone che vorrebbero cambiare vita. Sto parlando di “Unlearning”, un lavoro realizzato da Anna Pollio, Lucio e Gaia Basadonne, che ci racconta la loro storia. Quella di Lucio e Anna è una routine come tante: durante il giorno al lavoro, la sera a casa, ormai stanchi, a parlare di spese e di bollette. Come altre famiglie anche loro sognano una vita diversa, meno monotona e più stimolante. Ma Lucio e Anna, a cambiare le cose, ci provano davvero. Pianificano infatti un viaggio di sei mesi che li porterà in giro per l’Italia a conoscere persone, famiglie o comunità che vivono in modo più sostenibile, comunitario, o meno convenzionale. Ciò che segue è un’intervista con Anna, che ci racconta alcuni retroscena della loro esperienza.
Come vi è venuta l’idea di fare un viaggio del genere?
Un giorno Gaia ha disegnato un pollo con 4 zampe. Io e Lucio potevamo pensare che fosse solo il disegno di una bambina di 4 anni. Invece ci abbiamo letto la nostra vita di famiglia cittadina così lontana dalla natura. Ci siamo resi conto che le giornate lavorative ci rubavano tempo prezioso e ci allontanavano dai ritmi di nostra figlia. Così abbiamo pensato di mettere tutto in stand-by e partire per conoscere altre famiglie che avevano deciso di vivere in modo differente dal nostro. Non avendo i soldi per farlo, abbiamo pensato di utilizzare il baratto e tutte quelle piattaforme di condivisione che permettono di ottenere passaggi, ospitalità e vitto a gratuitamente o in cambio del proprio lavoro. Ci abbiamo impiegato circa un anno per organizzare tutto.

La locandina del documentario Documentario Unlearning.
Come hanno reagito i colleghi, gli amici, i genitori?
Un disastro. I nostri genitori si sono opposti da subito, ci hanno dato degli irresponsabili, addirittura volevano che Gaia restasse con loro. Mia sorella Veronica ha aperto scommesse sulla durata del nostro viaggio, puntando tutto sul fatto che dopo un mese saremmo tornati all’ovile stanchi e pentiti. Per i colleghi, ho ricevuto pochi incoraggiamenti e molte critiche. Qualche collega insegnante mi ha anche tolto il saluto. Per Lucio è stato differente, gli hanno fatto anche una festa di saluto e augurato buona fortuna.
Come siete riusciti ad abbattere i costi di un viaggio così lungo?
Affittando la nostra casa a Genova su Airbnb abbiamo continuato a pagare il mutuo, poi abbiamo barattato e condiviso qualsiasi cosa. La macchina l’abbiamo rottamata e abbiamo utilizzato i passaggi condivisi con Bla Bla Car o l’autostop. Abbiamo trovato ospitalità con Couchsurfing o scambiato vitto e alloggio con il nostro lavoro con Woofing. Un’altra risorsa è stata la banca del tempo internazionale, si chiama Timerepublik e la consiglio a tutti. Alla fine abbiamo speso 600 euro in 6 mesi. Ottimo, no?
Cosa avete imparato?
Semmai, cosa abbiamo disimparato. Come famiglia abbiamo capito che il tempo per stare insieme è fondamentale, malgrado sia un lusso nella nostra società. Nessuno ti dirà che puoi lavorare meno. Ma quando lo capisci devi agire di conseguenza, facendo scelte anche difficili e controcorrente. Questo viaggio ci ha anche insegnato l’importanza della condivisione dei beni. Quando siamo stati ospiti del progetto di cohousing Ecosol di Fidenza ci hanno colpito molte cose. In questo insolito condominio l’orto, il piano delle lavatrici e la cella frigorifera sono in comune. Ma la cosa che ci ha fatto innamorare è stata la loro scelta di pannellare il tetto producendo tanta energia elettrica che permette a tutti di spendere zero euro di bollette. In più hanno i motorini elettrici e viaggiano anche gratis. Ciò è stato possibile perché 15 famiglie hanno avuto un’idea e hanno unito le forze per raggiungere un obiettivo.
Cosa vi è mancato e cosa avete invece guadagnato durante i mesi dell’esperimento?
A Gaia mancavano l’altalena e gli amici. Qualche volta ci ha chiesto di tornare a Genova per un giorno, solo per rivedere la sua camera. Abbiamo gestito queste emozioni con molta calma, facendole raccontare cosa le mancava e perché. Così abbiamo scoperto che voleva scrivere delle lettere ai suoi amici per raccontar loro quello che stava vivendo. E a 5 anni Gaia ha imparato a scrivere! Lucio era in crisi di astinenza da ascolto di vinili, mentre io mi sono vissuta questo viaggio come una grande opportunità. Non mi è mancato mai niente, solo qualche volta avrei voluto vedere cosa succedeva a casa nostra, dove stavamo ospitando con Airbnb. All’inizio l’idea che degli sconosciuti usassero il mio appartamento, mentre noi eravamo in viaggio, mi ha un po’ disorientata. Era una sensazione strana e l’attaccamento alle mie cose mi stava mettendo alla prova. Poi ho messo sulla bilancia, da una parte la possibilità di partire e dall’altra la possibilità di trovare qualche oggetto rotto. Per fortuna sono stata saggia.
Ha senso fare un’esperienza del genere e poi tornare alla vita di prima?
Si, certo. È come dire non parto per le vacanze perché dopo tornerò al lavoro. Oppure non mi faccio la doccia perché poi suderò di nuovo.
Ma è cambiato qualcosa nella vostra vita dopo questo viaggio?
Abbiamo messo in discussione tutto e tutto è cambiato. Ci siamo dati il tempo per “digerire” tutta l’esperienza e lo abbiamo fatto prima dedicandoci alla realizzazione del documentario e dopo, proiettando il film utilizzando sempre il baratto e facendo dibattiti di persona. Ormai siamo a circa 200 proiezioni in un anno. Praticamente siamo ancora in viaggio!
Mi direste di più sul metodo di distribuzione del documentario?
Unlearning ha avuto una distribuzione indipendente fin dall’inizio. Per tutta l’estate lo abbiamo proiettato su invito di varie associazioni e lo abbiamo fatto utilizzando il baratto. A ottobre abbiamo conosciuto Antonello Centomani, l’ideatore di Movieday in Italia. Ci ha proposto di utilizzare “Unlearning” come film di lancio in tutta Italia, e noi abbiamo accettato. L’idea è semplice e rivoluzionaria. È lo spettatore che decide che film vedere al cinema e lo prenota utilizzando la piattaforma di Movieday. Una volta che l’evento è creato, le persone acquistano in prevendita il biglietto del film che vogliono vedere e, se l’evento raggiunge il quorum, il film viene proiettato. Una cosa interessante è che il prezzo del biglietto in prevendita è minore rispetto a un normale biglietto e, se per caso la proiezione andasse a vuoto, lo spettatore è immediatamente rimborsato sulla carta di credito. Lo slogan di Movieday è “non vogliamo cambiare il mondo ma solo il modo di vederlo”. Geniale, no?