Pubblicato sul numero 27 del bimestrale FunnyVegan.
La crisi in Venezuela è ormai giunta al quarto anno e non sembra cessare. Le proteste di strada e le file davanti a negozi dagli scaffali vuoti mostrate dai telegiornali danno solo in parte l’idea di una situazione economicamente e politicamente difficile. L’inflazione nel 2018 è stata del 40.000% e la mancanza di generi alimentari e medicinali è ormai cronica.
Con la difficoltà di mettere qualcosa nel piatto, molte famiglie un tempo appartenenti alla classe media stanno prendendo una decisione che fino a un paio di anni fa sarebbe sembrata loro impensabile: abbandonare i propri animali domestici.
Il salario medio è attualmente di ventitré dollari al mese, mentre un pacco di cibo per cani da venti chili costa cinquanta dollari al mercato nero. “A volte – racconta il veterinario Juan Ortiz – i cani o i gatti vengono abbandonati nelle piazze o davanti ai rifugi con tanto di cuccia, giocattoli e altri effetti personali, probabilmente con l’obiettivo di rendere meno traumatico il passaggio a una nuova famiglia. Ma ci sono stati anche casi di animali portati in un negozio per la tosatura. Quando i titolari provavano a mettersi in contatto coi proprietari a fine giornata, si rendevano conto che gli erano state fornite generalità e numeri di telefono falsi”.
Ma più facilmente gli animali vengono abbandonati per strada e i cani randagi che rovistano nella spazzatura stanno diventando una scena sempre più comune nelle città. Non ci sono numeri a disposizione sul fenomeno, ma chi opera come volontario nei canili e nei rifugi parla di una vera e propria emergenza. Maria Arteaga, una signora di cinquantatré anni, ha realizzato sulle colline fuori Caracas, a Los Teques, un rifugio che ospita ormai quasi duecento animali. Il suo giudizio è duro: “Con la crisi sta venendo fuori il lato peggiore dei venezuelani”. Se inizialmente nel rifugio di Arteaga venivano portati solo cani meticci, ormai è sempre più frequente l’arrivo di cani considerati di pregio, il che è un indicatore di come la crisi stia colpendo anche classi sociali che fino a poco tempo fa ne erano ancora immuni.
Per aiutare le famiglie a mantenere con sé i propri animali domestici, alcuni rifugi organizzano dei corsi che insegnano a sfamarli con cibi alternativi e a basso costo. In un rifugio nel quartiere operaio di El Junquito, a Caracas, si è iniziato a utilizzare il mangime per polli. Al fine di contenere il problema del randagismo, nel 2013 il governo venezuelano ha implementato Misión Nevado, un progetto che si prende cura degli animali abbandonati.
Per aiutare le famiglie a mantenere con sé i propri animali domestici, alcuni rifugi organizzano dei corsi che insegnano a sfamarli con cibi alternativi e a basso costo. In un rifugio nel quartiere operaio di El Junquito, a Caracas, si è iniziato a utilizzare il mangime per polli. Al fine di contenere il problema del randagismo, nel 2013 il governo venezuelano ha implementato Misión Nevado, un progetto che si prende cura degli animali abbandonati. Ma anche in questi spazi la situazione non è migliore, visto che la struttura sta collassando a causa del continuo afflusso. Se il fenomeno era decisamente sconosciuto fuori dai confini nazionali, nel 2016 due reporter professionisti venezuelani, Carlos Garcia Rawlins di Reuters e Fernando Llano di Associated Press, l’hanno portato alla ribalta internazionale con un servizio che ritrae alcuni animali ospiti nel canile di Los Teques. Gli scatti sono circolati ampiamente sulla stampa estera e sui social media e gli occhi tristi e pieni di speranza di quei cani hanno ricordato al mondo che il prezzo della crisi venezuelana lo stanno pagando anche tanti esseri non umani.
Chi volesse contribuire con una donazione ad alleviare le sofferenze dei cani abbandonati in Venezuela può trovare le informazioni necessarie nella pagina Facebook dell’associazione Famproa, a cui appartiene anche la struttura creata da Maria Arteaga. Molti scatti del reportage realizzato da Rawlins e Llano possono essere visualizzati qui.