Pubblicato sul n. 38 della rivista FunnyVegan
Pseudocereali andini, umbu e olio d’oliva spalmabile. In quanto a trend alimentari il 2019 non
poteva essere da meno rispetto agli anni precedenti. Anche quest’anno tra gli alimenti alla
moda non mancano ingredienti presenti da millenni nella tradizione culinaria di altre culture – silenziosamente presenti sugli scaffali da anni, e di colpo diventati cool… – e qualche nuova invenzione che solo negli anni a venire scopriremo se è riuscita ad avere successo. Ecco qui
una selezione di quelle che sembrano essere le novità gastronomiche dell’anno in corso.
Celosia: originario dell’Africa ma diffuso anche in India e Indonesia, è uno pseudocereale e appartiene alla stessa categoria botanica di grano saraceno, quinoa e amaranto. Cresce come malerba e si adatta a climi e condizioni difficili; si prevede che con l’intensificarsi dei cambiamenti climatici la coltivazione e l’uso culinario di questa pianta cresceranno. Sapore? I semi possono ricordare l’amaranto e le foglie somigliano allo spinacio.
Cañahua: un altro “Rambo” vegetale. Pianta tipica della regione andina e strettamente imparentata con la quinoa, cresce ad altitudini e in condizioni climatiche impossibili
anche alla sua più popolare parente. La cañahua ha anche un sapore decisamente meno amaro rispetto alla quinoa e valori nutrizionali migliori: dieci volte più ferro e un alto contenuto di proteine e fibre.

Olio in tubetto: presentata al Salone del Gusto di Torino, questa invenzione arriva dalla Tenuta Sant’Ilario di Roberto Cerquitelli in Toscana e farà storcere il naso a molti. Grazie all’utilizzo dello xantano come addensante, l’olio d’oliva è diventato una crema come la maionese, pronta
per essere spalmata sul pane.

Latte d’avena: forse uno dei drink vegetali meno apprezzati, è di colpo diventato alla moda. All’estero, ma presto anche in Italia, sta diventando il preferito dei baristi per la cosiddetta “Latte Art”, la creazione di decorazioni con la spuma.
Umbu: tipico del Sertão, una delle regioni più aride e povere del Brasile, è un frutto dolce dall’aroma caratteristico e ha visto aumentare repentinamente la sua reputazione.
Data la sua facile deperibilità è difficile che si affermi come frutto fresco, ma nel futuro prossimo potremmo vedere frequentemente il nome di questo frutto sull’etichetta di succhi di frutta e marmellate.
Cibo brutto: basta con frutta e ortaggi scartati perché non rispettano assurdi canoni di bellezza. Con una maggiore consapevolezza dei consumatori riguardo agli sprechi dell’industria alimentare, si prevede che il 2019 sarà l’anno in cui anche a melanzane deformi e mele sgraziate verrà finalmente data la chance di finire sugli scaffali dei supermercati.
Burro di semi di anguria: preparatevi a una nuova crema spalmabile a base di semi di anguria. Ottimo il valore nutrizionale: ricca di vitamina B, magnesio e grassi monoinsaturi, è anche molto proteica, considerato che, su trenta grammi di prodotto, dieci sono di proteine.

Salsa harissa: originaria del Maghreb, è una salsa a base di peperoncino piccante, aglio, olio d’oliva e spezie come cumino, coriandolo e menta. In alcune versioni è comune aggiungere pomodoro e petali di rosa. La sua popolarità è in aumento.
Olio di noci tengkawang: noto anche come burro verde a causa del suo peculiare colore, è tipico del Borneo ed è realizzato a partire dalle noci tengkawang. A seconda della temperatura assume forma solida o liquida. Ha aroma di noci e viene usato per condire e cucinare. È considerato da Slow Food un prodotto a rischio: gli alberi di tengkawang sono minacciati dai cambiamenti climatici e dalla distruzione dell’habitat.