Sfratto esecutivo

Pubblicato sul n. 40 della rivista FunnyVegan

Tra Artico e Antartide le specie a rischio sono tante. Ma non tutto è perduto.

Basta un dato per far capire le dimensioni del problema. Dagli anni Ottanta l’Artico ha perso tra i due e i tre milioni di chilometri quadrati di superficie di ghiaccio. Numeri esorbitanti, che, come è facile immaginare, hanno già avuto un impatto terribile sulla fauna locale. Se gli orsi polari sono diventati loro malgrado il simbolo dell’emergenza climatica, non sono affatto gli unici a essere in pericolo: “Specie artiche come la foca dagli anelli e il beluga sono evidentemente a rischio, mentre in Antartide ci sono dati preoccupanti per le popolazioni di pinguino strettamente dipendenti dal ghiaccio come il pinguino di Adelia e il pinguino imperatore” spiega Alessandro Giannì, direttore delle Campagne di Greenpeace Italia. Ciò che è certo è che il clima sta cambiando gli equilibri degli ecosistemi, creando maggiori difficoltà alle specie ben adattate agli estremi del clima polare e favorendo invece quelle in grado di prosperare in un ambiente più caldo. Ma un ulteriore pericolo arriva anche dalla comparsa di nuove specie. Il ritirarsi dei ghiacci ha infatti fatto esplodere il traffico commerciale navale, con rischi correlati: “Queste imbarcazioni – continua Giannì – spesso portano acque di zavorra, caricate altrove e qui scaricate. Nelle Isole Svalbard è stata documentata la presenza di ventitré specie aliene: con l’aumento delle temperature, alcune, tra cui il comune granchio, noto per le sue capacità ‘invasive’, potrebbero riuscire a colonizzare questi habitat”. Stesso discorso per l’Antartide, dove uno studio ha rilevato che turisti e ricercatori trasportano migliaia di semi di varie specie aliene. Infine, la plastica. Nell’Artico sono state trovate fino a dodicimila particelle di microplastica in un singolo litro di ghiaccio. Greenpeace ha dimostrato la contaminazione semipermanente anche dell’Antartide, uno tra gli ecosistemi più remoti del pianeta. “Mettere al bando l’utilizzo di plastica inutile come quella usa e getta ormai è un atto di autodifesa necessario” afferma Giannì. Secondo Greenpeace una possibile soluzione ai problemi dell’Antartide arriva dalla creazione di santuari che permettano alla fauna locale di prosperare indisturbata. “La nostra proposta di creare un santuario in Antartide nel Mare di Weddell è stata respinta l’anno scorso, si è deciso di proteggere solo un’area relativamente limitata, anche se biologicamente assai importante. Ma va detto che i maggiori gruppi di pesca commerciale al krill hanno rinunciato a pescare nell’area” racconta Giannì. Il krill è un gamberetto essenziale nella rete alimentare di specie antartiche come balene, pinguini e foche, e una sua presenza abbondante ha un effetto virtuoso sull’ecosistema. Ma santuari di questo tipo sarebbero utili, molto egoisticamente, anche per l’essere umano: le feci del krill in un anno sono in grado di sequestrare nelle profondità dei mari una quantità di anidride carbonica pari a quella prodotta da tutte le abitazioni del Regno Unito, rallentando così una delle cause principali dei cambiamenti climatici.

Specie più minacciate

Il pinguino di Adelia è una specie che si riproduce in tutta l’Antartide, ma le colonie localizzate nella parte occidentale della penisola antartica, una delle aree del pianeta in cui le temperature aumentano più rapidamente, stanno soffrendo una rapida crisi. Vari studi dimostrano una correlazione tra l’aumento della temperatura delle acque oceaniche e il declino delle colonie.

La foca dagli anelli è tra le più piccole e diffuse nell’Artico. A causa del prematuro scioglimento della banchisa polare durante l’estate la sua sopravvivenza è diventata più difficile. Gli scienziati concordano che dovrà adattarsi a un habitat in via di trasformazione, anche se gli scenari futuri sono imprevedibili. Alcuni esperti ipotizzano che le stesse difficoltà a cui vanno incontro gli orsi polari, principali predatori della foca dagli anelli, potrebbero potenzialmente migliorare le sue condizioni di vita.

Il pinguino imperatore per dimensioni è il più grande e imponente tra i pinguini dell’Antartide. Ma è attualmente anche il più fragile. La seconda maggiore colonia di pinguino imperatore sta scomparendo a causa di tre anni di fallimento riproduttivo. Secondo gli esperti il problema sarebbe imputabile all’innalzamento delle temperature e alla conseguente riduzione del ghiaccio marino. Poco ghiaccio limita infatti la disponibilità di luoghi per l’accoppiamento e per l’insediamento delle colonie. Altre minacce vengono dalla mancanza di cibo dovuta alla pesca industriale.

Con lo scioglimento dei ghiacci e una maggiore navigabilità dell’Artico, il traffico marittimo ha sempre più facile accesso a zone incontaminate dove il beluga ha finora vissuto indisturbato. Tra le conseguenze più immediate un maggiore inquinamento acustico e il rischio che questi animali vengano urtati mortalmente dalle imbarcazioni. Acque più calde potrebbero significare anche più predatori in competizione con il beluga oppure una maggiore presenza di suoi predatori come le orche.

La crisi climatica sta costringendo gli orsi polari a spingersi sempre più verso l’entroterra alla ricerca di cibo, facendoli entrare in contatto con aree abitate dall’uomo. Il 18 giugno scorso un orso polare ha fatto la sua comparsa in una città siberiana distante centinaia di chilometri dal suo habitat naturale, mentre uno stato di emergenza è stato proclamato all’inizio del 2019 in una zona remota della Russia, a causa della presenza di una dozzina di affamati orsi polari che, alla disperata ricerca di cibo, erano entrati in edifici pubblici e abitazioni private.

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