Torre Washington, body building oltre gli stereotipi

Pubblicato su FunnyVegan n.38

Abbandonare un lavoro stabile e sicuro da ingegnere per provare a diventare un body builder professionista sembrerà a molti una pazzia. Ma l’esempio di Torre Washington mostra che con determinazione e coraggio è possibile realizzare i propri sogni. Vincitore di prestigiosi titoli e competizioni come Musclemania, ora anche personal trainer, il culturista statunitense racconta a FunnyVegan il suo approccio positivo e spirituale al body building e parla dell’importanza della dieta vegana nel raggiungimento di questi successi.

Come spiegheresti a un estraneo il fascino del body building?
Il modo in cui viviamo le nostre vite è d’esempio per il prossimo. Non c’è bisogno di spiegare con le parole se amiamo qualcosa, lasciamo che sia l’entusiasmo a parlare. Un estraneo capisce sicuramente, dal piacere e dalla passione che ci mettiamo, dai sacrifici che facciamo, a cosa teniamo davvero.

Mi puoi dire di più sulla tua dieta?
Seguo una dieta Ital, i cui principi vengono dallo stile di vita rastafariano. Mangiare Ital significa trarre vita e nutrimento dalle risorse del pianeta, senza usare additivi come sale e zucchero. Inoltre è importante utilizzare la Terra come utensile, per esempio usare una noce di cocco come scodella.

Da quando hai iniziato a praticare body building il veganismo è diventato più comune?
Assolutamente sì, ora ci sono le condizioni per allenarsi, scolpire il proprio fisico e allo stesso
tempo seguire uno stile di vita vegan, senza farsi spaventare dal mito delle proteine e senza sentire la pressione di dover mangiare carne per raggiungere risultati.

Molti culturisti hanno un approccio quasi scientifico alla propria dieta, ma il tuo è decisamente diverso.
Per gran parte della mia carriera non ho mai preso nessun supplemento, mi sono sempre preoccupato più di alimentarmi regolarmente che di contare le proteine assunte. Dopo un po’ è diventato automatico, ora mi rendo conto di cosa ho bisogno semplicemente osservando il mio
corpo. Tuttavia negli ultimi otto mesi ho iniziato a “misurare” la mia dieta e ho aggiunto integratori di proteine e BCAA (amminoacidi ramificati, NdR), anche per capire se questo approccio fa davvero la differenza.

Cosa significa per te essere vegano?
Non mi piace essere messo in una categoria, qualunque essa sia. Ma capisco che a volte
un’etichetta può aiutare a capire meglio. Mia madre era un’avventista del settimo giorno, un
movimento religioso che dà grande importanza a un’alimentazione sana e vegetariana. Sono
diventato completamente vegano nel 1998, ma quando ho iniziato era solo il mio personalissimo stile di vita, solo dopo ho scoperto che esisteva una parola per descriverlo e che non ero il solo a vivere in quel modo. Per me essere vegano ha significato fin dall’inizio entrare in connessione con l’universo nella sua interezza.

Grazie alla tua esperienza sei anche diventato un allenatore. Ti concentri solo su atleti vegani?
A questa scelta di vita si arriva mediante un percorso, per questo non mi va di giudicare qualcuno per il modo in cui è stato educato a mangiare. Quando alleno un atleta, m’interessa che sia serio, determinato e pronto a sudare; poco importa se non è ancora giunto a un certo livello di consapevolezza oppure non è pronto per diventare vegano.

La soia ultimamente riceve molta cattiva pubblicità, ma nel tuo sito dichiari espressamente di consumarla senza problemi.

La psicosi sulla soia è creata da convinzioni errate che allontanano le persone da uno stile di vita più salutare. Il cambiamento può fare paura e, se si aggiungono timori ingiustificati, si fa sì che le persone restino attaccate alle vecchie abitudini. Nel mio caso, tofu e tempeh sono alimenti base della dieta.