Nelle Svalbard si trova un deposito che conserva la maggiore biodiversità del mondo. La sua origine include un botanico Indiana Jones, un assedio di 900 giorni e un gruppo di eroici scienziati.
Svalbard è uno sconosciuto arcipelago dell’Artico, abitato solo da 2500 esseri umani. Ma in futuro questo luogo potrebbe rivelarsi fondamentale per l’umanità: all’interno di una sua montagna, dopo aver camminato per 130 metri dentro un tunnel, si arriva a un deposito sotterraneo in cui sono conservati migliaia di semi di diverse varietà di cereali e legumi fondamentali per la sopravvivenza dell’umanità. Lo scopo del deposito è quello di funzionare da backup in caso di disastri alimentari apocalittici, o peggio, per far ripartire la nostra civiltà.
I semi vengono conservati gratuitamente e qualunque stato può servirsi di questo deposito. Giusto per dare un’idea della vastità del progetto, attualmente sono conservati i semi di 3.000 varietà di cocco, 4.500 di patate, 125.000 di grano e 200.000 di riso. Non c’è posto sui suoi scaffali per i conflitti geopolitici planetari: i semi provenienti dalla Corea del Nord sono conservati affianco a quelli della Corea del Sud, così come quelli dell’Ucraina vicino a quelli dalla Russia.
Ma quest’arca di Noè vegetale trae origine e ispirazione da un’altra arca, precedente, la cui storia merita di essere raccontata.
Tutto ha inizio negli anni ’20 del XX secolo con uno scienziato che non è esagerato definire un’Indiana Jones del mondo vegetale. Nikolay Vavilov era un botanico russo specializzato nello studio della biodiversità genetica delle specie vegetali e la loro conservazione, era convinto che facendolo avrebbe evitato il ripetersi delle carestie disastrose che nella seconda metà del XIX secolo flagellarono l’Europa e uccisero milioni di persone. Vavilov iniziò a raccogliere semi di varie specie vegetali da tutto il mondo, con lo scopo di conservare un patrimonio genetico vario e diversificato, utile per incrociare le piante e ottenere qualità in grado di resistere all’occorrenza a parassiti o determinate condizioni atmosferiche. Con decine di spedizioni Vavilov e il suo team riuscirono a raccogliere centinaia di migliaia di semi provenienti da 64 paesi, i quali vennero conservati all’interno di un edificio nel centro di San Pietroburgo. Si deve a Vavilov l’individuazione di vari centri di origine, le aree geografiche in cui vennero domesticate per la prima volta da parte dell’essere umano determinate specie vegetali.
Ma come se si trattasse di un romanzo, contro Vavilov trama un avversario, Trofim Lysenko. In passato era stato allievo di Vavilov, ma grazie ai suoi agganci politici aveva fatto fortuna nella comunità scientifica stalinista, al punto da diventare direttore dell’Accademia nazionale di Scienze agricole. Le teorie di Lysenko oggi verrebbero definite pseudo-scientifiche, Lysenko era convinto che la segale a seconda di determinate condizioni potesse diventare grano, o che alimentando le mucche con burro e cioccolato si sarebbe ottenuto un latte ad alto contenuto di grassi. Ma grazie alla sua vicinanza all’establishment la sua fuffa scientifica divenne nell’Unione Sovietica del tempo quasi scienza ufficiale. Scienziati come Vavilov si ritrovarono poco a poco emarginati con l’accusa di essere dei “borghesi”. Vavilov era uno scienziato di stampo cosmopolita, molto rispettato fuori dai confini sovietici, cosa che nella paranoica Unione Sovietica degli anni ’30 era tutt’altro che positiva. Il potere politico di Lysenko divenne tale che fu in grado di denunciare e sbarazzarsi di alcuni dei suoi rivali più validi. Durante una spedizione nel Caucaso alla ricerca di rare varietà di grano Vavilov venne caricato su un’auto e sparì nel nulla. Morirà di stenti dopo un paio d’anni all’interno di un gulag.
Quando il loro maestro sparì nel nulla, vari ricercatori e scienziati decisero di continuare l’opera di Vavilov, conservandone gli scritti e cosa più importante, custodendo la ricchissima banca di semi, al tempo la più importante al mondo. Missione ardua, visto che ormai si approssimava l’accerchiamento di San Pietroburgo da parte delle truppe di Hitler nel 1941. Se prima dell’assedio i tesori dell’Hermitage vennero rapidamente portati via e messi al sicuro, quella collezione di semi dal valore inestimabile venne invece abbandonata al suo destino.
Durante i 900 giorni d’assedio gli allievi di Vavilov protessero il deposito organizzando turni di guardia di 24 ore e mantenendo segreta la sua posizione, così da evitare che cittadini affamati la saccheggiassero. Furono anni di fame, freddo e tormenti. Vari allievi di Vavilov morirono di inedia, il caso più noto anche se non l’unico è quello di Dmitri Ivanov, botanico esperto di riso che morì di fame mentre proteggeva migliaia di piccoli pacchetti di riso. Altri morirono a causa delle malattie trasmesse dai topi che, ugualmente affamati, infestavano l’edificio. Durante l’assedio di San Pietroburgo (al tempo chiamata Leningrado) morirono di stenti almeno mezzo milione di civili, dodici furono invece gli scienziati che morirono nel tentativo di proteggere quell’inestimabile varietà genetica, malgrado piegati dalla necessità avrebbero potuto pragmaticamente trasformarla in cibo e utilizzarla per sfamare sé stessi e le propria famiglie.
Oggigiorno l’edificio in cui si consumò questa tragica e commovente dedizione alla causa e alla scienza ospita l’Istituto Vavilov, si trova in Herzen ulica 44 ed è visitabile per appuntamento. Un luogo poco noto che racchiude lo spirito della meglio umanità.