Con il pretesto della pandemia di coronavirus, il premier ungherese ha realizzato il suo progetto di “democrazia illiberale.” Ne abbiamo parlato con un po’ di italiani che vivono a Budapest.
Pubblicato su VICE il 10 aprile 2020
Quando nel 2013 sono finito a vivere a Budapest un po’ per caso, Viktor Orbán era al governo da tre anni, senza contare i quattro come primo ministro dal 1998 al 2002. E già all’epoca lavorava nella creazione di quella che lui stesso ha definito una “democrazia illiberale,” che oggi si è definitivamente consolidata.
Abile come suo solito nel cavalcare una crisi internazionale con opportunismo, con la scusa della pandemia di coronavirus il 30 marzo Orbán si è fatto attribuire dal Parlamento ungherese i “pieni poteri” senza limiti temporali: potrà anche abrogare leggi già votate in precedenza, mentre non potranno tenersi elezioni finché queste misure resteranno in vigore. Un’altra legge presente nel pacchetto prevede la detenzione da uno a cinque anni per chi diffonde notizie false od ostacola gli sforzi delle autorità nel controllare la pandemia, ma la formula vaga permette di applicare questa legge arbitrariamente.
La recente svolta, ovviamente, non nasce dal nulla. In questi sette anni varie persone che mi circondano si sono trovate coinvolte, loro malgrado, nelle battaglie ideologiche ungheresi. Nel 2014, per via di pressioni dall’alto, il più popolare e autorevole giornale ungherese online (Origo) è stato trasformato in un megafono del governo; gran parte della redazione si è licenziata, tra questi un giornalista che faceva parte del mio giro di amicizie.
Non troppo tempo dopo, la polizia ha fatto un blitz intimidatorio nella sede di una ONG dove lavorava un’amica: la società civile era diventata il nuovo nemico pubblico. L’università dove lavora la mia compagna, la Central European University, è stata invece costretta dal governo a chiudere e per questo dovrà trasferirsi a Vienna. Malgrado alcune facoltà siano nella top 50 mondiale, l’ateneo ha la colpa di essere finanziato da George Soros (cosa che non ha impedito a vari esponenti di spicco del governo di studiarci da giovani e riceverne una borsa di studio, incluso lo stesso Orbán).