Niente sarà più come prima, ci ripetiamo con ottimismo. Ma sul fronte ambientale rischiamo di fare passi indietro. Alcune idee per invertire la rotta
Pubblicato sulla Stampa il 27 aprile 2020
Photo di Eugene Zhyvchik su Unsplash
A fine febbraio molti attivisti ambientali scrivevano sui social media che forse c’era speranza. Per far fronte alla pandemia di COVID-19 i governi stavano prendendo misure eccezionali e investendo cifre impensabili fino al giorno prima. “Non si potrà più dire che non ci possiamo permettere la lotta climatica”, questo era il pensiero comune. Ma nella fase post-coronavirus la questione ambientale rischia invece di tornare secondaria. Con il pretesto della crisi economica vari settori industriali e alcuni politici hanno già chiesto di ridimensionare gli obiettivi del Green New Deal europeo, nel frattempo l’Agenzia per la Protezione Ambientale statunitense e il Ministero dell’Ambiente cinese hanno introdotto misure che limitano le ispezioni ambientali nelle fabbriche o allentano le direttive anti-inquinamento, mentre in Italia l’industria della plastica chiede di rimuovere la plastic tax che dovrebbe entrare in vigore dal luglio 2020.
Secondo il climatologo e divulgatore scientifico televisivo Luca Mercalli la ripartenza sarebbe il momento adatto per avviare riforme green radicali e strutturali, “ma non sono ottimista. Nella task force vedo dei manager e competenti, ma l’approccio è orientato a riportare tutto com’era prima. Sarebbe stato utile includere qualcuno con un pensiero più orientato alla sostenibilità”. Mercalli vedrebbe di buon occhio un intervento sul traffico aereo: “anche se è impopolare dirlo, non ci possiamo permettere di volare così frequentemente, di certo bisognerebbe ripartire da un turismo più domestico e a raggio ridotto”. L’aviazione civile è attualmente una tra le fonti di emissioni dalla crescita più rapida, lo stop ai voli di queste settimane potrebbe rimodellare le nostre abitudini di viaggio, ma serviranno investimenti in alternative sostenibili come treni e bus a lunga percorrenza.
Per quanto riguarda la questione energetica il docente di chimica e fisica all’Università di Firenze Ugo Bardi è convinto che l’industria petrolifera potrebbe non riprendersi dal crollo del prezzo del barile, a meno che non venga sostenuta artificialmente dai governi per la sua rilevanza militare: “la riduzione della produzione porterà ad avere meno combustibili per riscaldamento e carburanti, ecco perché bisogna continuare a puntare sulle rinnovabili, tra l’altro sembra abbastanza accertato che la diffusione del coronavirus sia favorita dall’inquinamento in forma di microparticelle e ossidi di azoto”. Bardi vede dei segnali positivi nelle misure del governo che incentivano gli impianti fotovoltaici condominiali.