Dalle conseguenze sugli ecosistemi alle connessioni con la criminalità, “On the wild side” mostra la caccia come un problema non esclusivamente etico
Pubblicato sulla Stampa Tuttogreen il 22 giugno 2020.
Una delle prime immagini del documentario “On the wild side” di Giacomo Giorgi è la foto di un bambino mentre imbraccia una doppietta giocattolo. Figlio di un cacciatore, per Giorgi la caccia è stato un elemento ricorrente della vita familiare: “nella testa di quel bambino piccolo che viveva in città il fucile era un mezzo per avvicinarsi alla natura e la fauna selvatica, ricordo il fascino che provavo nel toccare la pelliccia morbida di una lepre o le piume di un fagiano. Non capivo che quegli animali portati a casa da mio padre a fine battuta erano morti”, racconta alla Stampa.
Giorgi da grande prenderà una strada decisamente opposta: nel 2010 diventerà il primo italiano a imbarcarsi su una nave di Sea Shepherd, l’organizzazione che combatte contro la pesca illegale negli oceani, da allora ha prestato servizio in varie campagne internazionali come nostromo, sommozzatore e fotografo. Il recente ritorno sulla terra ferma però non ha fermato il suo attivismo. Giorgi ha lavorato in questi anni al suo primo documentario che si concentra sul movimento contro la caccia. Uscito alla fine del 2019, “On the wild side” è già stato selezionato in vari festival internazionali.